Architecture and Science

ARCETRI


Osservatorio Astronomico

15/ottobre/2010
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    La biblioteca
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Telescopio G.B. Amici Camera bianca, lo Specchio Adattivo di LBT Sensore di fronte d'onda del sistema di Ottica Adattiva di LBT

13-14/aprile/2011
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    Il percorso al telescopio G.B. Amici
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Il percorso al telescopio G.B. Amici Il percorso al telescopio G.B. Amici Anfiteatro
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Il museo La camera a nebbia In visita al telescopio G.B. Amici
Storia dell'Osservatorio >

L'Osservatorio Astrofisico di Arcetri
nasce nel 1775 nelle case dei Bini in via Romana per volere di Pietro Leopoldo di Toscana.
Nel 1872, poiché in quel periodo Firenze si stava ingrandendo e iniziavano a sorgere problemi di eccessiva illuminazione, l'Osservatorio viene trasferito sulla collina di Arcetri da G.Battista Donati, per poter averi un cielo migliore per le osservazioni.

Donati era dedito allo studio di comete e nel giugno del 1858 ne scoprì una con il telescopio costruito da G.B.Amici, ottico modenese che lo aveva preceduto nella direzione dell'Osservatorio di via Romana.
Nel 1869 Donati disegna la "macchina equatoriale" per dare una migliore sistemazione all'obbiettivo di Amici fornendo cosi gli astronomi di un telescopio i cui movimenti non comportassero "una lotta continua" con i rudimentali sistemi meccanici della montatura provvisoria.
Donati muore in Arcetri poco dopo l'inaugurazione dell'Osservatorio, colto da colera durante un congresso a Vienna sulla meteotologia. La direzione viene affidata a G. Tempel.

Tempel, abile disegnatore ma non astronomo professionista, era stato con Donati a Torrebianca in Spegna per l'eclisse del Sole del 1860 ed aveva fatto ottimi disegni della corona solare.
Tempel continua le osservazioni con il telescopio Amici all'Osservatorio di Arcetri ed esegue accurati disegni di galassie e nebulose.

Nel 1893 Antonio Abetti diventa direttore dell'Osservatorio, dedicandosi particolarmente all'attività astrometrica insieme al giovane collega Bortolo Viaro.
Antonio Abetti, intuendo che il mondo dell astronomia stava cambiando grazie all'avvento della fotografia e alla costruzione di nuovi telescopi, consigliò al figlio minore Giorgio, che aveva seguito le orme del padre laureandosi in astronomia nel 1904, di muoversi e di approfondire i proprì studi all'estero.
G. Abetti si reca in America presso varii istituti e conosce G.E. Hale, che lo convince a costruire una Torre Solare in Europa e lo finanzia in parte.

Nel 1925, anno in cui Giorgio Abetti diventa direttore, viene inaugurata la Torre Solare di Arcetri, che dà un' impronta eminentemente solare agli studi degli anni successivi.
G.Abetti migliora le attrezzature dell 'Osservatorio, sostituisce l'obbiettivo al telescopio di Amici con uno di diametro maggiore, acquista un riflettore prismatico con uno specchio parabolico e due prismi obbiettivi, riprendendo cosi gli studi di spettroscopia stellare iniziati precedentemente presso l'Osservatorio del Collegio Romano.

Le attività scientifiche dell'Osservatorio si erano comunque svolte anche fuori di Arcetri. Antonio Abetti nel 1874 aveva partecipato ad una spedizione scientifica in India per il passaggio di Venere sul Sole con gli astronomi Doma e Tacchini: Giorgio Abetti nel 1914 si aggrega alla spedizione De Filippi in Kharakorum per rilevazioni gravitometriche.
Negli anni successivi vennero organizzate spedizioni in occasione di eclissi solari per lo studio della corona. Nel 1936 astronomi di Arcetri si recano a Sara in URSS, nel 1952 a Kartoum e nel 1954 a Oland in Svezia. Nel 1961 non occorre muoversi perché la fase di totalità dell'eclisse di Sole passa vicino a Firenze, ma nel 1963 si deve ripartire per il Canada, e nel 1966 per la Grecia e il Brasile.

Con l'ectisse del 1961 inizia un nuovo modo di studiare la corona solare. Guglielmo Righini, direttore dell'Osservatorio, organizza in quell'occasione con l'Aeronautica Militare (adattando un C 119 con apposita strumentazione) la prima osservazione al di sopra delle nubi, per lavorare in migliori condizioni.
Negli anni successivi con l'invio in orbita di satelliti o razzi non è sfato più necessario volare, ma la voglia di conoscere e di sapere è continuata in maniera immutata.

Negli anni '50- '60 l'astronomia fiorentina ebbe ancora notevoli sviluppi, specialmente con l'introduzione da parte di G.Righini della Radioastronomia in Italia. La radioastronomia permette lo studio corpi celesti attraverso le onde radio che essi emettono, ampliando la conoscenza dell'universo.
Fino ad allora limitata alle possibilità dell'occhio umano e delle lastre fotografiche. Nel frattempo si era capito che la turbolenza della nostra atmosfera confondeva le immagini astronomiche, rendendo cosi inutile la costruzione di nuovi telescopi in vicinanza delle città. In Italia, come in altri paesi, si inizia la ricerca di un sito ideale.
Con questo gli strumenti dell' Osservatorio non vengono abbandonati ma vengono utilizzati per !a messa a punto di nuove apparecchiature, trasferite poi in altri Osservatori già esistenti o costruiti appositamente, con la collaborazione di altri paesi.

Nel 1978 diventa direttore dell'Osservatorio Franco Pacinì.
Sotto la sua direzione continuano e si sviluppano collaborazioni internazionali e nuovi programmi di ricerca che costituiscono l'odierna attività di Arcetri e la base di sviluppi futuri.
Essi vanno dallo studio del Sole alle esplosioni di lontani corpi celesti, dalla formazione delle stelle alle indagini sulle origini delle galassia nell'universo primitivo.

La comunità astronomica nazionale ha affidato ad Arcetri la conduzione della partecipazione italiana a quello che è il più grande telescopio nell'emisfero nord della Terra, il grande telescopio binoculare LBT, inaugurato recentemente.


Ex Istituto di Fisica - A.Garbasso

9/luglio/2010
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L'istituto Il chiostro L'ingresso
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Scalone, affreschi - LowRes Scalone, affreschi - HiRes Corridoio terra
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Aula magna Laboratorio: acceleratore Laboratorio: spettrometro
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Corridoio 1 piano - biblioteca Sala conferenze Terrazzo
Storia dell'Istituto di Fisica (1859-1949) >

"Notizie sugli studi di Fisica" (1859-1949)
(Estratto dal volume "Storia dell'Ateneo Fiorentino") del Prof. Manlio Mandò


Gli Anni della prima guerra mondiale (1913 - 1924)

Nel 1913, al raggiungimento del 70° anno di età Antonio Roiti veniva collocato a riposo e nominato professore emerito; com'è d'uso, egli si tirò completamente in disparte, conservando solo la posizione di condirettore del Nuovo Cimento, che mantenne fino alla morte, avvenuta l'8 novembre 1921 a Roma.
Nell'anno 1913-14 gli subentrò nella cattedra Antonio Garbasso.
Nato a Vercelli il 16 aprile 1871, egli aveva conseguito la laurea in Fisica a Torino nel 1892, completata la sua preparazione scientifica a Bonn con Hertz e a Berlino presso Helmholtz; nel 1895 aveva conseguito la libera docenza e tenuto successivamente incarichi ufficiali a Pisa (1895-99) e a Torino (1899 - 1903).
Nel 1903, essendo risultato tra i vincitori in due concorsi a cattedre, uno per la Fisica Matematica e uno per la Fisica Sperimentale, optò per quest'ultima andando a Genova (27)
Quando, nel 1913, venne chiamato a Firenze, egli era principalmente noto per a) le ricerche sulle onde elettromagnetiche, iniziate alla scuola di Hertz, ed intese a riprodurre per esse tutti i fenomeni già noti per la luce, compresi quelli più complessi; b) per gli studi sul miraggio; c ) per alcune esperienze sui raggi X; d) per vari lavori di spettroscopia, su cui aveva pubblicato, per i tipi di J. A. Barth (28), un breve trattato (di 256 pp.).
Più che il contenuto dei lavori, che oggi potrebbero apparire, come suol dirsi, datati, ma che in gran parte erano allora veramente di punta, colpisce una loro caratteristica comune: l'interazione continua fra la trattazione matematica dei problemi e l'accurata verifica sperimentale dei risultati.
Dote rara, a quell'epoca, e forse ancora oggi. Su tale delicato equilibrio fra teoria ed esperimento, egli insisteva molto anche nelle sue lezioni, ricorrendo talvolta ad espressioni suggestive, anche se in apparenza paradossali, come: "la matematica è molto importante per un fisico, quasi quanto il mercurio" (29).
Il suo corso aveva carattere monografico, anche nel primo biennio, come del resto avveniva allora anche in altre sedi; egli vi trasfondeva parte della sua esperienza nella ricerca e, aggiungiamo pure, di alcune sue radicate convinzioni metodologiche. Ciò avveniva in particolare per i modelli, di cui amava sottolineare l'importanza e, al tempo stesso, la necessità di tenerne ben presenti le limitazioni e si traduceva nella frequente ripetizione della frase caratteristica: "tutto succede come se...".
Egli poi pronunziava quel "succede" con quello che egli scherzosamente definiva il suo accento allobrogo, cioè con una sola "c", particolarmente strascicata, che colpiva le delicate orecchie fiorentine dei suoi studenti. Questi arrivavano poi a scommettere sul numero di volte che in una certa lezione egli avrebbe pronunciato la famosa frase, salvo ad accorgersi, dopo qualche anno, di quanto quella frase fosse sostanzialmente giusta in quel certo contesto.
Firenze divenne presto, per Garbasso, patria adottiva. Egli si adoperò sempre per il potenziamento degli studi in Firenze, cercando in particolare di arricchire l'Istituto delle migliori attrezzature e di richiamarvi i migliori ingegni. Volle, sui colli di Arcetri, quella "casa toscana" che allora sembrò molto grande e che ancora oggi è la sede primaria, sia pure in precarie condizioni di sovraffollamento, del Dipartimento di Fisica.
Fin da giovane egli aveva assorbito, oltre che l'amore per la Scienza, un ardente spirito risorgimentale, sì che, allo scoppiare della prima guerra mondiale, partì subito volontario. Prima di partire, egli aveva però fatto in tempo a dare la corretta interpretazione di un fenomeno, osservato ad Arcetri dal Lo Surdo, rivelandone il rapporto con quello scoperto da Stark (e cioè lo spostamento delle righe spettrali, quando la sorgente si trova in un forte campo elettrico) e a darne anche l'interpretazione nell'ambito del modello atomico che N. Bohr aveva appena introdotto. Dopo aver conseguito la nomina a Tenente del Genio, raggiunse il fronte, dove riuscì ad organizzare un efficiente servizio fonotelemetrico, che, a quell'epoca, rappresentava il metodo migliore per individuare la postazione delle artiglierie avversarie.

Tornato dalla guerra egli fu, nel 1920, eletto Sindaco di Firenze, nelle file nazionaliste di Federzoni. Dal 1924 al 1928 fu Podestà di Firenze e dal 1926, Senatore del Regno. Tale sua attività politica, che in tempi recenti gli è stata rimproverata, non gli impedì mai di tenere regolarmente le sue lezioni e di coltivare direttamente il suo interesse per la storia della Fisica. A proposito del suo attaccamento alle lezioni va rilevato che, quando negli ultimi mesi della sua vita, un male inesorabile ne logorava progressivamente la fibra, egli lasciò, ad una ad una, tutte le numerose cariche o mansioni di cui era investito, continuando però a far lezione fino a pochi giorni prima della sua morte, avvenuta a Firenze il 14 marzo 1933.
E credo si possa dire che anche quell'attività politica, a parte certe aspirazioni di grandezza che egli aveva ed esprimeva, non certo per sé, ma per l'Istituto, per l'Università, per la città e per l'Italia, fu svolta, tutto sommato, con notevole equilibrio.
A titolo di esempio potremmo dire che egli non mancava mai di manifestare, anche pubblicamente, il suo dissenso dalla riforma scolastica di Giovanni Gentile, perché essa riservava alle Scienze un ruolo del tutto ancillare.
Nei corridoi di Arcetri correva addirittura la voce che egli avesse rifiutato il Ministero della P.I. proprio a causa di tale dissenso.
Tornando all'Università, troviamo anche in lui un grande animatore di giovani; citeremo quindi anche per lui i nomi degli Aiuti ed assistenti che si susseguirono intorno alla sua cattedra, limitandoci per ora al periodo dal 1913 al 1924.
Essi furono (30): Antonino Lo Surdo, che era già stato aiuto del Roiti e dal Garbasso confermato, Rita Brunetti, R.A. Occhialini, Franco Rasetti, i quali conseguiranno tutti la cattedra universitaria, e Vasco Ronchi che sarà per lunghi anni Direttore dell'Istituto Nazionale di Ottica e, fin dai primi passi di tale Istituto, artefice instancabile dei suoi successi.
E, a proposito dell'I.N.O., giova ricordare che esso sorse e si sviluppò proprio per iniziativa di Garbasso, dapprima come semplice Laboratorio di Ottica e strumenti di precisione, aggregato all'Università, e, poi, in forme e modi sempre più indipendenti, fino a divenire il centro propulsore della nascita e dell'affermazione dell'industria ottica italiana.

I primi 25 anni del corso di laurea in Fisica

I primi anni dopo il fatidico 1924 videro una meravigliosa fioritura della fisica fiorentina; anche se ciò fu in parte dovuto a cause esterne, come il grande sviluppo di tutta la fisica in seguito all'introduzione della nuova meccanica quantistica, non vi è tuttavia alcun dubbio che la trasformazione da Istituto ad Università e la creazione dei corsi di laurea in Fisica e in Matematica vi ebbero una parte molto importante sia perché comportava l'istituzione di nuovi insegnamenti, che assunsero subito un carattere molto moderno, sia perché consentiva di coltivare in loco le risorse intellettuali di cui la città era potenzialmente ricca (31).
Tra i corsi di nuova istituzione vi fu quello di Fisica matematica, che venne assegnato, per incarico, ad Enrico Fermi; il suo soggiorno ad Arcetri fu breve (solo due anni) ma lasciò tracce profonde, anche perché quando Fermi partì per Roma, avendo vinto il primo concorso italiano di Fisica teorica, sulla stessa cattedra, espressamente istituita anche a Firenze, fu chiamato Enrico Persico, amico fraterno di Fermi (32), e come lui cultore di tale ramo nuovo della fisica.
I rapporti tra Firenze e Roma rimasero così sempre stretti e cordiali; e tali continueranno da essere, anche dopo che fu partito Persico, tramite Bruno Rossi, Gilberto Bernardini, Giuseppe Occhialini e Giulio Racah, al punto che quando, addirittura nel 1953, nacque l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, fu possibile raccogliere in parte la loro eredità, costituendo a Firenze, associato in qualche modo alla sezione di Roma, un piccolo gruppo da cui nascerà, col tempo, l'attuale fiorente sezione di Firenze dell'I.N.F.N. Nel periodo fiorentino Fermi, oltre alle sue lucide lezioni di Fisica matematica e di Meccanica razionale, fece, tra l'altro, insieme con Franco Rasetti, una bella esperienza sulla depolarizzazione della luce di risonanza nei vapori di mercurio per effetto di campi magnetici deboli ma di alta frequenza (33), e, soprattutto, introdusse per primo quella statistica che oggi porta il suo nome e che rappresenta "il primo contributo di importanza fondamentale di Fermi alla Fisica" 34 e che lo portò "in prima linea tra i giovani fisici teorici di tutto il mondo" (35).

[OMISSIS]

Poco o nulla si sa delle circostanze che condussero Fermi al risultato e sarebbe certamente presuntuoso associarlo alla sua presenza a Firenze; resta il fatto che Firenze fu la prima Università a offrire a Fermi un importante incarico universitario (37) (e poté farlo grazie alla sua recente istituzione) e, se è vero che il laboratorio "era fuori città e separato dal resto dell'Università" (38), che il "luogo bellissimo, si prestava a discorsi retorici per gli addentellati con Galileo" (39), debbo dire che l'ulteriore affermazione di Segrè che "il luogo non era particolarmente adatto ad un Istituto scientifico moderno" (40), mi lascia un po' perplesso, specie se l'aggettivo moderno dovesse riferirsi ad allora e non ad oggi; non mi sentirei infatti di escludere del tutto che proprio il fatto che l'Istituto fosse in un luogo bellissimo ed appartato favorisse le meditazioni di Fermi, sia pure tenendo conto dell'alta capacità di concentrazione di Fermi anche nelle condizioni più sfavorevoli.
L'anno 1926 vide un grande rivolgimento nella fisica a Firenze (e in Italia). Per la prima volta vennero istituite (a Roma, a Firenze, a Milano) cattedre di Fisica teorica, materia che, prima di allora, o non veniva insegnata o costituiva un breve capitolo nella Fisica matematica. In seguito al concorso Fermi andò a Roma, Enrico Persico, già Aiuto di Corbino a Roma, venne a Firenze e Aldo Pontremoli andò a Milano. Intanto l'Aiuto di Garbasso, Rita Brunetti, era andata in cattedra a Ferrara, mentre Franco Rasetti si trasferì a Roma, come Aiuto di Corbino, al posto lasciato libero da Persico. Per un anno, a lavorare sperimentalmente nell'Istituto di Arcetri, rimase solo Vasco Ronchi, che, di lì a poco, passerà a dirigere l'I.N.O. di cui si è già detto al paragrafo precedente.
Ma nel 1927-28 troviamo già ad Arcetri un altro giovane sperimentale, Bruno Rossi (41), e l'anno successivo troviamo Gilberto Bernardini (42), come assistente di Persico a Meccanica razionale, ma dedito a ricerche sperimentali.
L'anno 1930 vide la partenza di Persico per Torino; e non fu piccola perdita, anche perché gli astri nascenti della nuova Fisica teorica (Ettore Majorana, Giancarlo Wick, Giulio Racah) erano appena sorti, o dovevano ancora spuntare all'orizzonte della fisica italiana. Negli ambienti di Arcetri si pensava che alla decisione di Persico non fosse estraneo il fatto che Firenze era divenuta Università (43), restando però di tipo B, cioè con bilancio in parte a carico degli enti locali, con tutte le complicazioni e gli inconvenienti che già Ugo Schif aveva lamentato nel suo articolo del 1890 (44). Enrico Persico fece in tempo a finire a Firenze la sua prolusione sui raggi cosmici, per l'inaugurazione dell'anno acc.1930-31, ma partì presto per Torino.
Lo sostituivano, negli incarichi di insegnamento, Bruno Rossi per la fisica teorica e Gilberto Bernardini per la Meccanica razionale; Rossi diveniva Aiuto, Bernardini passava, come assistente, a Fisica sperimentale; mentre ad essi si aggiungeva come assistente, Giuseppe Occhialini (45). Nel 1931-32 la cattedra di Fisica teorica che era stata di Persico veniva trasformata in Meccanica razionale ed ad essa veniva chiamato Bruto Caldonazzo (46), studioso valentissimo nel suo campo e che a Firenze seppe conquistare la stima e l'affetto di colleghi e discepoli e diede avvio a quella scuola di Fisica matematica fiorentina, che è oggi fiorentissima.
Ma la scuola di Fisica teorica rimase per lunghi anni acefala (addirittura per vicissitudini legate anche alla guerra, fino al 1958), e il suo insegnamento venne affidato per incarico, talvolta anche a persone validissime ma, con la sola eccezione di Racah (che comunque lasciò nel 1937 Firenze per Pisa, che poté offrirgli la cattedra), con interessi primari di ricerca in altri campi.
Il 1932 vide un'altra partenza da Arcetri, quella di Bruno Rossi, ma in questo caso il rincrescimento era attenuato dal fatto che egli andava a dirigere L'Istituto di Fisica dell'Università di Padova, e proprio nel momento in cui stava approntando il nuovo edificio, che egli potrà quindi disporre e organizzare secondo le esigenze della più progredita ricerca del momento e che resterà per lunghi anni ancora un modello razionale di Istituto scientifico per l'insegnamento e la ricerca.
L'incarico di Fisica teorica passerà a Giulio Racah, da poco (1931) laureato in Fisica a Firenze e che diverrà una figura eminente della fisica teorica a livello internazionale (vedi oltre). Il 1932-33 sarà un anno di lutto per la fisica fiorentina per la morte di Antonio Garbasso, avvenuta il 14 marzo 1933.
Ai numerosi necrologi esistenti (cit.25) sia lecito a chi scrive aggiungere due ricordi di carattere personale. Frequentando nel 1932-33 il laboratorio di Fisica, il sottoscritto aveva compiuto vari malestri, più o meno ben rimediati, ma uno particolarmente grosso, mettendo fuori uso un tubo di Braun, che all'epoca era un oggetto prezioso; gli assistenti non sapevano come fare per dirlo a Garbasso, ma , quando si decisero, ottennero questa risposta: - I giovani hanno bisogno d'imparare direttamente dall'esperienza e, anche se sbagliano, dovete continuare a dar loro gli strumenti migliori.
L'altro episodio riguarda le lezioni di Fisica superiore, durante le quali avvenne a Garbasso di citare un teorema di Apollonio sulle coniche; egli aggiunse che non ne conosceva la dimostrazione e ciò mi stimolò a ritrovarla e, in effetti, ne trovai una corretta ma complicatissima. Garbasso volle che gliela esponessi e l'ascoltò pazientemente, senza interrompermi, per quasi un'ora! Alla fine mi disse sorridendo: - Bravo! Non credo però che la dimostrazione di Apollonio fosse questa! -. All'inizio della lezione successiva mi porse un testo di geometria con una dimostrazione veramente elegante e semplicissima, aggiungendo: - Non ho potuto controllare, ma questa potrebbe essere la dimostrazione di Apollonio! - Questo suo modo di correggere e guidare, senza scoraggiare, mi è sempre rimasto nella mente.
Alla morte di Garbasso seguirono momenti di grande incertezza; agli insegnamenti per quell'anno fu provveduto o con assistenti o sostituendo i corsi con altri. Per la successione i giovani speravano e, forse maldestramente, premevano perché la Facoltà chiedesse il concorso, dato che era opinione abbastanza diffusa che il primo posto sarebbe toccato a Emilio Segrè, che in effetti vinse il primo concorso che fu bandito (nel 1935), andando quindi a Palermo; anche Fermi (e probabilmente Corbino) auspicavano tale soluzione, ma, occorre dire, non avevano ancora, come avranno l'anno seguente, da gettare sulla bilancia il formidabile peso della radioattività per neutroni.
Così la Facoltà, forse non fidandosi del meccanismo dei concorsi (o non fidandosi dei giovani; Segrè aveva allora 28 anni) o forse perché era tradizione che i concorsi fossero banditi dalle Università minori, mentre le grandi ne utilizzavano i risultati (a loro discrezione) oppure chiamavano per trasferimento, preferì appunto usare questa ultima forma di copertura.
A dirigere l'Istituto di Fisica di Firenze, dall'anno 1933-34, venne dunque chiamato Laureto Tieri, nato a Bolognano (Pescara) il 24 febbraio 1879, laureato a Roma nel 1903; egli era stato, sempre a Roma, assistente e professore incaricato, dal 1924 a Messina come Professore e Direttore dell'Istituto di Fisica sperimentale, ed era noto principalmente per esperienze di effetto Hall nel Bismuto, per alcune misure del numero di Avogadro e su alcuni effetti magneto-meccanici, sulla scia dell'effetto Matteucci (47).
Cresciuto nella vecchia scuola di Blaserna, egli era senza dubbio un abile sperimentatore, ma era rimasto un po' tagliato fuori, come quasi tutti quelli della sua generazione, dagli ultimi sviluppi della fisica atomica e della fisica nucleare che stava allora nascendo.
Ciò nonostante egli lasciò sempre ampia libertà di ricerca agli assistenti che trovò o che, più tardi, egli stesso nominò ad Arcetri, stimolandoli anzi sempre a seguire i propri interessi scientifici e sempre compiacendosi dei loro successi. Dopo che questi stessi successi avevano provocato la partenza da Firenze di persone come Fermi, Rasetti e Rossi, e, poco dopo, durante la sua stessa direzione, di Racah, di Bernardini, e di Giuseppe Occhialini, egli cercò sempre di rilanciare una così felice tradizione (anche se, bisogna riconoscerlo, non era facile!) con i giovani che, via via, si laureavano a Firenze. Ma alle già obiettivamente difficili condizioni si aggiunsero le varie guerre e le leggi razziali ed egli non poté veder realizzate tali sue aspirazioni e progetti.
Ebbe però la soddisfazione, nel 1949, di vedere chiamato a succedergli Simone Franchetti che da lui era stato nominato assistente e poi, dopo la parentesi delle leggi razziali, Aiuto.
Molto consapevole, vorrei dire geloso, delle sue responsabilità di direttore, Laureto Tieri fu però sempre molto comprensivo e generoso coi giovani anche quando gli avveniva di venire a contrasto con la loro esuberanza; e chi scrive potrebbe esserne valido testimone.

Fatta così la cronaca delle vicende del periodo (1924-1949), occorre dire qualcosa sull'attività scientifica di quegli anni. Per chi sappia di Fisica credo che i nomi di Persico, Rasetti, Rossi, Bernardini, G. Occhialini, Racah, parlino da soli; per gli altri lettori ci limiteremo a rinviare ad altre fonti, aggiungendo tuttavia per tutti qualcosa di più specifico sul loro periodo fiorentino. Per Enrico Persico ricorderemo che le lezioni sulla Meccanica ondulatoria, da lui tenute a Firenze come parte del corso di fisica teorica e raccolte in dispense da B. Rossi e G. Racah (48), in virtù della loro limpida chiarezza, rappresentarono per molti anni il punto di partenza per la formazione teorica dei giovani fisici italiani, compresi gli sperimentali, e costituirono il primo nucleo del più ampio testo che uscirà a stampa nel 1936 e che, nel 1950, fu anche tradotto in inglese (49).
Più complete notizie su Enrico Persico si possono trovare nel saggio di E. Amaldi e F. Rasetti 50. Per Franco Rasetti (nato a Pozzuolo umbro, frazione collinare di Castiglion del Lago, il 10 agosto 1901, laureato a Pisa nel 1922 e subito dopo chiamato, come assistente, a Firenze, dove resterà fino al 1926) diremo solo che a Firenze si conservano ancora gli appunti da lui redatti nel 1922-23 per gli studenti del corso di Garbasso e che a Firenze cominciò ad occuparsi di spettroscopia, rivelando già la sua abilità sperimentale, anche se non ebbe l'occasione, sia perché era il più giovane degli assistenti, sia perché lasciò Firenze quando il corso di laurea in Fisica era appena agli inizi, di esplicare tutte quelle doti che poi, tra i giovani allievi romani, gli varranno l'appellativo scherzoso, ma non troppo, di Venerato maestro (51).
Per maggiori particolari su questa singolare figura di naturalista dei nostri giorni, dagli interessi vasti e molteplici, che sembrava occuparsi di Fisica quasi occasionalmente (ma, quando lo faceva, lo faceva magistralmente) rimandiamo a quanto dice di lui E. Segrè (cit. 30, passim) o alla biografia lincea (52), avvertendo però per quest'ultima, che l'elenco delle pubblicazioni, specie per il periodo che a noi interessa, è largamente incompleto.
Per Bruno Rossi diremo solo che proprio a Firenze egli eseguì le sue prime basilari esperienze sui raggi cosmici (citiamo solo la dimostrazione dell'esistenza di una componente dura capace di attraversare 1 metro di piombo e la curva di transizione detta appunto di Rossi) (53).
Tali esperienze egli poi proseguì e sviluppò a Padova e al Massachusetts Inst. of Technology, dove insegnò dal momento della sua praticamente forzata emigrazione fino al raggiungimento dei limiti di età.
Né si può tacere il fatto che a Firenze egli ideò e realizzò quel dispositivo di coincidenze (universalmente noto come "Rossi coincidences") (54) che oggi potrebbe sembrare marginale, ma fu, invece, estremamente importante perché, con la sua semplicità e versatilità, contribuì a diffondere in tutti i laboratori il metodo delle coincidenze, che era stato introdotto per la prima volta, nel 1925, da Bothe e Geiger (55).
Una fedele ricostruzione di tali eventi e una vivace descrizione dell'atmosfera di Arcetri ci viene fornita dal Rossi stesso 56, in un articolo soffuso di nostalgia. Giulio Racah (57) fu, con Giuseppe Occhialini e Guglielmo Righini, uno dei primi laureati in Fisica a Firenze che raggiungerà fama internazionale; della sua permanenza a Firenze diremo solo che ad Arcetri si conserva ancora gelosamente la vecchia macchina calcolatrice (naturalmente azionata a mano e, per gli intenditori, senza nemmeno il passaggio delle decine sul contagiri) con cui egli eseguiva la parte numerica dei suoi calcoli (che, egli usava dire, non vanno nemmeno cominciati se non si conoscono almeno due metodi per controllarli) e con cui, in particolare, eseguì i calcoli relativi alle sezioni d'urto dei g e delle particelle cariche per creazione di coppie. Lascerà Firenze per andare alla Cattedra di Fisica Teorica a Pisa, da lui vinta nel 1937; quindi, dopo le leggi razziali, lascerà anche l'Italia, per andare in Israele dove fondò la scuola di fisica Teorica dell'Istituto Wezmann, oggi universalmente nota.
Per Gilberto Bernardini daremo solo qualche cenno sul suo periodo fiorentino, rinviando per il resto alla sua biografia lincea (58).
Ad Arcetri Bernardini eseguì le sue prime, e significative, esperienze sui raggi cosmici (effetto zenitale, ecc.), che continuerà con successo anche quando, vinta la cattedra, si trasferirà a Camerino prima (1937), a Bologna e a Roma poi, e a cui faranno naturale seguito quelle sulle particelle elementari, eseguite in U.S.A. prima, e poi al C.E.R.N. (di cui fu anche Direttore delle Ricerche).
Del periodo fiorentino vorremmo anche ricordare che ad Arcetri preparò le delicate ed eleganti esperienze sulla sezione d'urto della reazione 94Be5 + 42He2 = 126C6 + 10n1, alla cui base stava la difficile preparazione di un sottile strato di berillio per evaporazione; tale tecnica avrà anche una ricaduta industriale perché, applicata all'evaporazione, certamente più facile, dell'Alluminio, consentirà alle officine Galileo di tener testa, nelle produzione di certi apparecchi ottici, alle rinomate officine Zeiss di Jena.
Per l'esecuzione delle misure nucleari, tuttavia, Bernardini si dovrà invece recare a Dalhem (Berlino), nel laboratorio si Lise Meitner, dove erano disponibili le necessarie sorgenti radioattive (59).
Passando, infine, a parlare dell'attività di Giuseppe Occhialini nel periodo fiorentino, si corrono due rischi opposti: da un lato quello di dire troppo poco, dall'altro quello di essere accusati di appropriazione indebita, dato che i suoi risultati e le sue scoperte più importanti in quel periodo furono realizzate a Cambridge, presso il famoso Cavendish Laboratory, diretto da Lord Rutherford.
Crediamo tuttavia di poter evitare i due rischi dicendo che Occhialini, dopo essersi fatto un po' le ossa ad Arcetri, realizzando fra l'altro un ingegnoso tipo di spettrometro b (60), particolarmente adatto per sostanze debolmente radioattive (come il Rb), si recò a Cambridge sul finire del 1931, con la previsione di restarvi circa tre mesi, tanto quanto si stimava sufficiente per apprendere da Blackett la tecnica della camera a nebbia.
Ma continuò a lavorarci per più di tre anni, facendo la spola con Firenze; e ben a ragione, perché ciò gli consentì di partecipare e di contribuire alle ormai classiche esperienze sull'elettrone positivo, comprendenti la chiara identificazione di tale particella con il buco previsto dalla teoria di Dirac (su cui molti erano piuttosto scettici, proprio per la mancanza di un riscontro sperimentale preciso) e la scoperta nei raggi cosmici dei cosiddetti sciami, che erano costituiti appunto da elettroni positivi e negativi (61).
E qui occorre dire che Occhialini portò a Cambridge, oltre che il suo personale ingegno, anche un pezzettino di Arcetri, cioè l'esperienza ivi acquisita sui contatori e sulle coincidenze alla Rossi. Infatti, proprio disponendo contatori in coincidenza Blackett e Occhialini riuscirono a realizzare quell'espansione controllata della camera a nebbia, che consentiva di fotografare eventi significativi praticamente ad ogni espansione (per l'esattezza nell'80% dei casi), con un risparmio enorme di tempo (e di pellicola!) rispetto ai metodi di espansione casuale, fino ad allora impiegati.
Per una viva ed accurata descrizione di quelle vicende e dell'emozione creata da quei risultati si veda il recente libro di J. Hendry (62).
Per la vita e l'attività di Giuseppe Occhialini dopo la sua partenza da Arcetri non è facile trovare un unico riferimento a cui rinviare, dato che egli è riuscito a schivare abilmente tutti i vari dizionari bibliografici, compreso quello dedicato dall'Accademia dei Lincei ai suoi Soci Nazionali. Tuttavia una discreta approssimazione si può ottenere dal Simposio svolto in suo onore a Milano il 10 ottobre 1968 (63).
Vennero poi gli anni bui della guerra, cui abbiamo già accennato; aggiungeremo solo che, pur in tali difficili circostanze, la fiaccola della ricerca sperimentale in fisica non si spense mai ad Arcetri, per esempio con esperienze sui raggi cosmici sotto roccia, utilizzando a tale scopo la galleria ferroviaria di Vernio (64).

NOTE

27 Le notizie biografiche e di carriera su Garbasso sono attinte principalmente da: R. Brunetti, Antonio Garbasso: la vita, il pensiero e l'opera scientifica, "Nuovo Cimento", X (nuova serie), pagg. 129-152, 1933, riscontrate anche con Pogg. IV eV, e con G. Bernardini, Antonio Garbasso:, "Ricerca Scientifica", anno IV, vol. 1, pagg. 441-444, 1933, nonché con gli Ann. Un. Fi. Fra gli scritti su Garbasso è degno di nota anche quello di Giulio Provenzal, Antonio Garbasso:, "Rassegna di Clinica, Terapia e Scienze Affini", n. 2 e 3 del 1947, perché, anche se non aggiunge nuove informazioni rispetto ai precedenti, ne accoglie alcuni aspetti essenziali a 14 anni dalla morte. Per gli ultimi 3 anni mi sono avvalso anche di qualche ricordo personale.
28 A. Garbasso, Vorlesungen Ÿber theoretissche Spektroskopie, Leipzig, J.A. Barth, 1906.
29 Per i non fisici o per i fisici moderni, tutti computerizzati e transistorizzati (in senso lato, inclusi i V.L.S.I.C.), ricorderemo che il mercurio veniva allora adoperato continuamente in laboratorio per gli usi più vari, dai barometri alle pompe, dai termometri ai campioni di resistenza elettrica, dalla taratura dei tubi capillari alle lampade per ultravioletto, ecc.
30 Dagli Ann. Un. Fi. (1913-14 a 1923-24)
31 A titolo di esempio, potremmo citare il fatto che il grande fisico-matematico Vito Volterra fu alunno dell'Istituto Tecnico di Firenze e, per un anno (1877-1878), del corso di Scienze naturali dell'Istituto di Studi Superiori di Firenze, ma, per seguire la sua naturale vocazione, si trasferì poi a Pisa, dove si laureò nel 1882.
32 Cfr. E. Segrè, Enrico Fermi, fisico, Bologna , Zanichelli, 1971. Quest'opera contiene numerosi riferimenti anche ad altre persone che ebbero comunque occasione di avere rapporti con Fermi. In particolare, nel caso di Persico, essa riporta, nell'appendice I, numerose lettere scambiate tra Fermi e Persico.
33 E. Fermi, F. Rasetti, Effect of an alternating magnetic field on the polarisation of the resonance radiation of mercury vapour, "Nature", CXV, pag. 764, Londra 1925.Tale lavoro fu seguito da più ampie relazioni in "Rendiconti Accademia dei Lincei", I, pagg. 716-722 e II, pagg. 117-120, 1925. Per una breve esposizione del lavoro (e anche per i rapporti tra Fermi e Rasetti) cfr. E. Segrè, cit. 32, pag. 37-38.
34 E. Segrè, cit. 32, pag. 41.
35 Ivi pag. 43.
36 E. Fermi, Zur Quantelung des idealen einatomigen Gases, "Zeitschrift für Physik", XXXVI, pagg. 902-912, 1926.
37 In precedenza aveva tenuto, per breve tempo, un incarico di matematica per studenti di Chimica a Roma, cfr. E. Segrè, cit. 32, pag. 32.
38 Ivi pag. 36.
39 Ibidem.
40 Ibidem.
41 Nato a Venezia il 13 aprile 1905, aveva studiato a Padova e Bologna, dove si era laureato proprio nel 1927 (cfr. Pogg. IV) Assistente od Aiuto a Firenze fino al 1932.
42 Nato a Fiesole il 20 agosto 1906; laureato nel 1928 alla Normale di Pisa, dove tornerà nel 1964 come Direttore. Assistente od Aiuto a Firenze dal 1928-29 al 1936-37.
43 Tale circostanza è confermata a pag.9 del Ricordo di Enrico Persico, scritto da E. Amaldi e da F. Rasetti, di sui alla nota 50. Tale lavoro contiene anche altri interessanti particolari sull'ambiente di Arcetri nel periodo del soggiorno di Persico.
44 U. Schiff, cit.4. Per dare comunque un'idea delle complicazioni (amministrative, ma con ovvi riflessi su tutto il resto) derivanti da tale situazione, basti pensare che inizialmente al bilancio dell'Università di Firenze contribuivano, per circa un terzo del suo ammontare, gli enti locali, principalmente comuni toscani. Questi erano ben 25 e contribuivano con somme che andavano dalle Lire 55,55 annue del Comune di Cantagallo (con cui, tanto per avere un'idea, si sarebbero potuti comprare circa 20 kg di carbon coke) alle Lire 950.000 del Comune di Firenze (cfr. Ann. Un. Fi. 1926-27, pagg. 40-51). Dopo di che non meraviglia apprendere (cfr. p. 36 del saggio di B. Rossi alla nota 56) che gli Istituti e i Laboratori non venissero mai riscaldati!
45 Nato a Fossombrone il 5 dicembre 1907, figlio di Raffaele Augusto, (già menzionato come assistente ed Aiuto di Garbasso), laureato in Fisica a Firenze nel 1930, fu ivi assistente dal 1930-31 al 1936-37.
46 Nato a Valdagno il 25 giugno 1886, morto a Firenze il 27 gennaio 1960. Sulla sua vita e le sue opere cfr. G. Sestini, Bruto Caldonazzo, "Bollettino dell'Unione Matematica Italiana", XV, pagg. 340-341, Bologna, 1960.
47 Le notizie su Laureto Tieri sono state attinte da Pogg. V e VI e dagli Ann. Un. Fi. (particolarmente 1933-34), oltre che da ricordi personale.
48 E. Persico, Lezioni di Meccanica ondulatoria, Firenze, Tipolit. Filippi 1929. Seguì subito una 2ª ed. migliorata ed accresciuta, Padova, CEDAM 1930. Per questa una parte delle spese venne sostenuta dall'Istituto di Fisica di Roma, diretto da O.M. Corbino. Una 3ª edizione, pressoché immutata, uscì nel 1935, sempre presso la Cedam.
49 E. Persico, Fondamenti di Meccanica Atomica, Bologna, Zanichelli, 1936. E. Persico, Fundamentals of Quantum Mechanics, translated by G.M. Temmer, New York, Prentice Hall 1950.
50 E. Amaldi, F. Rasetti, Ricordo di Enrico Persico, Roma, Ed. Accademia dei Lincei, tip. Dott. Bardi, 1979 (n. 115 delle celebrazioni lincee).
51 E. Segrè, cit. 32, pag.51.
52 Accademia Nazionale dei Lincei, Biografie e Bibliografie degli Accademici Lincei, Roma, tip. Dott. Bardi, 1976, pagg. 543 segg.
53 B.Rossi, Über die Eigenschaften der durchdringenden Korpuskularstrahlung im Meeresniveau, "Zeitschrift für Physik", LXXXII, pagg. 151 segg., Berlin, Julius Springer, 1933.
54 B.Rossi, Method of registering multiple simultaneous impulses of several Geiger's counters, "Nature", CXXXV, pag. 636, London 1930.
55 W. Bothe, H. Geiger, Über das Wesen des Comptoneffektes, eni experimenteller Betrag zur Theorie der Strahlung, "Zeitschrift für Physik", XXXII, pagg. 639-663, Berlin, Julius Springer, 1925.
56 B. Rossi, Early Days in Cosmic Rays. Recollections from the Laboratory at Arcetri, near Florence, (1928-1932), "Physics Today", XXXIV, oct. 1981, pagg. 35-41.
57 Nato a Firenze nel 1909, laureato a Firenze in Fisica nel 1931, continuò a frequentare l'Istituto anche dopo laureato e dal 1932-33 al 1936-37 vi insegnò Fisica teorica, come incaricato. Morì a Firenze, dove, anche dopo la sua partenza, aveva conservato amici e parenti, in un tragico banale incidente, il 28 agosto 1965. Per ulteriori notizie sulla sua vita e sulla sua attività cfr. "Physics Today", october issue, 1965.
58 Accademia Nazionale dei Lincei, cit. 52, pag. 89 segg. Avvertiamo che anche in questo caso la bibliografia è alquanto incompleta, specie per il periodo iniziale.
59 G. Bernardini, Über die Anregung derNeutronen in Be "Zeitschrift für Physik", LXXV, pagg. 555-558, Berlin, Julius Springer 1933.
60 G. Occhialini, Uno spettografo magnetico per raggi b emessi da sostanze debolmente radioattive, "Rendiconti Accademia dei Lincei", XIV, pag. 104, Roma 1931. L'apparecchio verrà utilizzato, sempre ad Arcetri, anche da D. Bocciarelli, cfr. "Nature", CXXVIII, pag. 374, London 1931, (per la misura di una componente dura della radiazione b del Potassio).
61 P.M.S. Blackett, G.P.S. Occhialini, Some Phografs of the Ttracks of penetrating Radiation, "Proceedings of the Royal Society, A, CXXXIX, pag. 699 segg., London 1933.
62 J. Hendry, Cambridge Physics in the Thirties, Adam Hilger Ltd., Bristol 1984. In particolare per l'importanza del contributo di G. Occhialini e per la connessione con la sua precedente esperienza in Arcetri, pagg. 21-24. In termini analoghi riferisce quelle vicende lo stesso Blackett rievocando quei giorni; cfr. P.M.S. Blackett, The old days of the Cavendish, "La Rivista del Nuovo Cimento", I, pagg. XXVI-XXVII, Bologna 1969. (Discorso pronunciato in occasione della Conferenza inaugurale della Società Europea di Fisica).
63 Simposio in onore di Giuseppe Occhialini (promosso dall'Istituto di Fisica dell'Università di Milano in occasione del 20° anniversario del suo ritorno in Italia), Pavia, ed. Fusi 1969. In particolare notizie su quella che potrebbe dirsi la sua carriera didattica a pagg. 14-15 e sulla scoperta del mesone p , fatta a Bristol con Powell e Lattes, mediante la tecnica delle lastre nucleari appositamente preparate, a pagg. 148-150.

64 C. Ballario, M. Della Corte, M. Prosperi, Sulle componenti dura e molle della radiazione cosmica fino a 575 m di acqua equivalente. Rend. Acc. Reale d'Italia, vol. II, pag. 850 (1941).

Nota locale: Alcune copie dell'opuscolo contenente il brano di cui sopra sono disponibili presso la Biblioteca di Fisica. Silvia Cappelli e Manuela Masi - 24 Febbraio 1997


© Toni Garbasso